Il 9 febbraio si apriranno le olimpiadi invernali di PyeongChang, nella corea del sud. Viste da qui sono come una convergenza di tensioni che potrebbero scatenare eventi tragici (come avvenne per le olimpiadi di Seoul nel 1988), far incamminare la situazione verso un percorso di pace (per i più ottimisti) o semplicemente non portare a niente. Vi presento gli attori sul palcoscenico, perché in un certo senso si tratta di una performance.
Stati Uniti d’America
Dopo schermaglie piuttosto sconcertanti su twitter, Trump sembra voler dimostrare che con lui e il suo paese non si scherza. Gli USA chiedono il disarmo nucleare immediato della Corea del nord e per ottenerlo hanno imposto una serie di sanzioni economiche e politiche durissime, come se la guerra si fosse già aperta. In Corea è stato mandato Mike Pence -il vice presidente- che fa la faccia dura, non incontrerà gli emissari coreani del nord, ha sfoderando frasi come “non permetteremo alla Corea del nord di monopolizzare l’immagine delle olimpiadi” e “proteggeremo i nostri alleati dalla minaccia della peggiore dittatura del mondo” e una serie di altre dichiarazioni che minacciano guerra nucleare da parte degli USA e i loro alleati nella zona (principalmente il Giappone). Ora, visti gli interventi militari statunitensi in Asia a partire proprio dalla guerra di Corea, questo atteggiamento pone dei dubbi e forse sarebbe meglio che la questione dell’Asia orientale fosse affrontata da altri attori, o almeno da un’altra presidenza se proprio si deve trattare degli Stati Uniti.
Repubblica Democratica Popolare della Corea
Negli ultimi anni ha intensificato le azioni sconvolgenti di fronte al mondo. I missili lanciati nel mar del Giappone, lo sfoggio di forze militari, le schermaglie con la Corea del sud, il terrorismo informatico, le infinite attività illegali fuori dal paese, il boicottaggio delle azioni di dialogo e la minaccia costante di riannettersi il territorio nazionale della penisola, tutto pone Kim Jong Un nella posizione di bersaglio perfetto della comunità internazionale. Per adesso da Pyongyang sono stati mandati a PyeongChang gli atleti, delle cheerleader molto curate e alla cerimonia di apertura presenzierà la sorella del leader, Kim Yo Jong: cosa inedita sia per il grado di parentela che per il livello gerarchico. Nel frattempo, oggi, si è tenuta nella capitale del nord una parata militare che di certo non aiuta a dare fiducia al tutto.
Repubblica di Corea
Si trova nella posizione più delicata. Non voglio dilungarmi sul dramma della divisione in due di un paese di fatto unico, che formalmente si trova in guerra con i suoi connazionali. La situazione è causa di dolore profondo da generazioni, ormai. In quest’occasione il padrone di casa, il presidente Moon Jae In ha pagato le spese di viaggio, ha ottenuto di far sfilare gli atleti del nord e del sud dietro un’unica bandiera che raffigura tutta la Corea, e incontrerà sabato prossimo la delegazione politica mandata da Kim Jong Un. Tutto questo gli è costato buona parte del suo supporto elettorale in patria, visto che molti suoi concittadini si sentono presi in giro dal regime. Tutto sommato però –in questo momento– pare che la cosa migliore di tutta questa storia sia il tipo nuovo di dialogo che forse sta nascendo tra nord e sud. Essere ottimisti non è facile, ma almeno non è l’approccio nuke them.
Giappone
Sta facendo una figura squallida per colpa principalmente del premier Shinzo Abe. Costui per rafforzare il suo consenso elettorale mira a impedire la distensione dei rapporti tra gli stati coreani e con in Giappone. Ha continuato a mandare messaggi minacciosi su problemi irrisolti nell’interpretazione dei fatti della guerra (la seconda mondiale), si è arrabbiato perché sulla nuova bandiera coreana appare un’isola contesa, e sostiene in modo entusiastico le sanzioni soffocanti e le minacce nucleari degli Stati Uniti. Il tutto nonostante sia il primo ministro del Giappone, un paese vittima delle bombe atomiche e in cui vige una costituzione pacifista. Se ho voglia poi magari scrivo un post sulla figura di Abe, se riesco a non innervosirmi troppo.
Per completare in quadro, Russia e Cina hanno fatto capire che nel caso dello scoppio di un conflitto non si tirerebbero indietro, e il tutto cambierebbe completamente scala di grandezza.
Come dicevo, le olimpiadi e tutto quello che ne consegue potrebbero non portare niente di nuovo, ma forse questa è la minaccia peggiore per chi spera nella pace, quella che nasce senza i bombardamenti.