Ho visitato una mostra, si chiama The Landscape of National Higher Education Buildings in the Meiji Era, all’archivio nazionale di architettura moderna.
Sì, è una cosa specifica, troppo specifica, forse da otaku. Io non sono nemmeno così esperto di architettura, però la mostra mi ha fatto capire alcune cose suggestive. Oggi è l’anniversario della fondazione del Paese, una festa istituita quando il Giappone è entrato nella modernità. La fine dell’epoca Edo e l’ingresso in quella Meiji. Spesso si parla di rivoluzione Meiji (o anche restaurazione, che è una specie di paradosso) e sicuramente il Giappone è cambiato completamente e velocissimamente.
Questa mostra mostra lo sforzo epocale di creare una rete di scuole per l’educazione superiore delle elités che avrebbero dovuto dirigere uno stato moderno e potente, partendo dallo studio di medicina e diritto, poi agraria, ingegneria, discipline navali, tessitura. Scuole specialistiche che sono diventate poi università, prima a Tokyo e poi via via nelle grandi città a ovest, Kyoto e Hiroshima. Alla fine anche l’architettura e l’arte hanno avuto i loro istituti, sempre chiamando progettisti, insegnanti e presidi dall’Europa o dall’America. In pochi anni le fasce di popolazione che potevano frequentare gli istituti hanno completamente cambiato faccia assumendone una che somigliava molto a quella degli occidentali. In molte stampe si vedono inaugurazioni di edifici colonnati, gonne a sbuffo, carrozze, treni e ponti di pietra, quartetti d’archi, insomma quell’uragano di modernità e di bulimia da importazione che deve essere stata l’era Meiji.
Questo ho pensato, guardando le tavole di progetti fatti col tiralinee, che venire da un paese che non è mai cambiato totalmente di punto in bianco fa impressione, come deve essere per un asiatico vedere gli europei abitare in una casa del medioevo o nel Teatro di Marcello.