Sul kabuki ci sono librerie intere di testi che spiegano questa arte meglio di quanto possa fare io in questo post. Qui c’è quello che il kabuki è per me, un italiano amante dell’opera.
La prima volta al teatro Kabuki-za di Ginza, quando si è aperto il sipario sono rimasto paralizzato e dopo 10 minuti mi sono accorto che la mascella mi era rimasta giù: devo aver avuto una faccia da personaggio sbalordito dei cartoni animati. Il Kabuki crea la meraviglia con costumi, musiche, trucchi, coreografie e storie che risucchiano il pubblico. È un teatro nato per la classe media delle città, sofisticato abbastanza per ricercare l’eleganza e allo stesso tempo rimasto ancorato a storie e rappresentazioni semplici. (Qui uno spettacolo a quello della mia prima esperienza)
Da qualche parte ho letto che mentre il teatro occidentale rappresenta, il Kabuki presenta. Ci penso sempre e mi sembra la via più utile per capirlo, o forse goderselo senza volerlo capire troppo. Il pubblico del Kabuki non vuole imparare niente, non cerca messaggi, ma solo la bellezza della storia fatta di recitazione, musica e movimenti scenici. Le vicende riguardano condottieri, guerrieri, dame (impersonate da attori in travestimento), bambini, monaci, commercianti, poveri cristi senza il cristianesimo. Insomma chiunque si trovi a combattere con l’amore, il potere, l’affermazione sociale, le lotte con il prossimo o l’obbligo della vendetta.
Il kabuki, almeno nei principali teatri di Tokyo, è organizzato in modo che ci siano 3 atti (spesso completamente scollegati tra loro) nello spettacolo pomeridiano, e altri 3 la sera. È possibile comprare un posto in poltrona per i 3 atti o guardarne solo uno in piccionaia. Come per il melodramma europeo è meglio studiare o almeno leggere qualcosa riguardo a quello che si sta per guardare, prima. Il Kabuki è una specie di varietà, un centone di storie e generi; accanto a drammi di cappa e spada ci sono spettacoli di ballo, numeri di giocoleria, momenti splatter in cui i samurai affettano gli arti dei nemici (questi sono gli antenati dei teledrammi in costume).
La musica è meravigliosa. Il teatro Kabuki prende in prestito elementi da altri ambiti e li usa ottenendo effetti nuovi. Lo strumento più presente è lo shamisen, ma spesso subentrano gli strumenti nel nō per dare un effetto ieratico, poi si può passare ai tamburi e sonagli della festa popolare, mentre il flauto accompagna la danza come in una sagra. Personalmente penso di essere molto debole nei confronti dei suoni del teatro giapponese, e quando sento i due legni che annunciano l’apertura del sipario non riesco a frenare l’emozione. Godo persino a sentire i pezzi di legno battuti sul palco a simboleggiare il cozzare delle spade o le cadute.
Insomma qui, fino al 30 aprile ci sono tutti i 6 atti del drammone “Yoshitsune Senbon Zakura” (I mille alberi di ciliegio di Yoshitsune). Tutta la sinossi si trova qui.
Per un ingresso più agevole al Kabuki, qui c’è un altro spettacolo, sempre registrato in questo periodo di chiusura: “Hina Matsuri”, (la festa delle bambine e delle bambole) che contiene dei numeri di danza.
E Immaginatevi seduti di fronte al palco, tra il rumore dei piedi sulle assi di legno e le urla dei loggionisti fanatici che incitano i loro eroi.
Amo molto il Giappone e un po’ lo conosco. Non frequento i blog e i social media, mi sembra di perdere del tempo. Leggendo questa introduzione al teatro Kabuki mi è venuta voglia di guardare le rappresentazioni e di seguire il blog. Grazie