Articolo pubblicato su ilpost.it il 19 novembre 2019
Tokyo, 19 novembre, 248 giorni alle olimpiadi
Quando nell’estate 2013 il comitato olimpico internazionale svelò il contenuto della busta e Tokyo vinse la gara per ospitare le olimpiadi, il Giappone esplose in una atmosfera di festa. Dopo le olimpiadi del dopoguerra nel 1964 c’era l’occasione per mostrare al mondo un paese ancora più evoluto, moderno, meraviglioso; la parola d’ordine O MO TE NA SHI (ospitalità) pronunciata dalla madrina, Christel Takigawa diventò un tormentone, i prezzi dei terreni cominciarono a salire, le imprese di costruzioni a movimentare i bulldozer per demolire prima e gru e betoniere per ricostruire poi.
Dopo poco la realtà ha cominciato a chiedere il conto: il costo del nuovo stadio olimpico progettato da Zaha Hadid è stato considerato troppo caro e dai 2 miliardi di dollari si è passati a poco più della metà preventivata dallo studio di Kengo Kuma. Tokyo è entrata in un vortice edilizio aprendo cantieri grandi o enormi ovunque, e questo ha innescato una crisi nell’approvvigionamento dell’acciaio. Nelle intenzioni degli organizzatori dovrebbero essere le olimpiadi più ecologiche e sostenibili della storia, ma il consumo di spazi e le cubature sviluppate in città rischiano di lasciare una Tokyo più cementificata che mai. Inoltre a quanto pare molto del legno utilizzato per costruire è stato ottenuto dal disboscamento di foreste indonesiane. La bella idea di fondere le medaglie con i metalli recuperati dai telefonini dismessi rischia di essere una bella immagine e niente più. I comitati che si battono contro i giochi olimpici denunciano la gentrificazione, lo sfratto di fasce di abitanti poco abbienti per fare posto a costruzioni che rendono molto per chi le edifica e non restituiscono niente alla popolazione.
Il presidente del comitato olimpico giapponese, Tsunekazu Takeda, si è dimesso dopo che si è scoperto un suo versamento su un conto estero legato a personaggi del comitato olimpico internazionale. Facendo un calcolo cinico, se si trattasse di corruzione (Takeda non è stato condannato e probabilmente non lo sarà) ne sarebbe valsa la pena, visto l’investimento di 20 miliardi di dollari per Tokyo 2020 e i grandi ricavi promessi.
Per finire, la città ha dei problemi enormi che rischiano di rovinare la festa ad atleti e pubblico delle olimpiadi. Innanzitutto tra luglio e agosto la combinazione di temperatura e umidità fa di Tokyo un inferno già solo per chi ci deve vivere, pericolosissimo per gli atleti. Già nel 1964 si era optato per far svolgere i giochi in ottobre, ma nel 2020, per motivi di diritti televisivi, non è possibile. Nel testo presentato con la candidatura la frase “With many days of mild and sunny weather, this period provides an ideal climate for athletes to perform at their best” suona semplicemente come uno scherzo a chiunque abbia mai sfiorato l’estate di Tokyo. Qualche giorno fa, tra i malumori del comune, il comitato internazionale ha deciso univocamente di spostare la maratona e la marcia in Hokkaido, ma il dubbio rimane per tutti gli altri sport. Molti pensano che già solo evitare delle morti sarebbe un gran successo.
La baia di Tokyo, che dovrebbe ospitare alcune discipline come il canottaggio è pesantemente inquinata, ed è difficile pensare di ripulirla in pochi mesi. E poi la logistica: Tokyo è una città già al limite della sua capienza. I treni sono stracolmi in molte fasce orarie, e l’estate non è un periodo di ferie, si lavora normalmente. Dove staranno i visitatori? Come si muoveranno? Come resisteranno al clima da forno umido della città? Non è chiaro nemmeno se qualcuno ci stia pensando. Intanto tutto il Giappone è decorato con pupazzi delle mascotte: Someity e Miraitowa che i bambini guardano incantati mentre gli adulti tirano diritto con un’espressione amara.