“Stasera non ho fame, non mangio” detto da una bambina che normalmente sfonda il piatto. Febbre, malessere di due membri della famiglia su 4, test. Moglie e figlia piccola positive al COVID, di conseguenza tutta la famiglia in quarantena, ci è concesso uscire solo per faccende irrinunciabili come la spesa, è un ritorno ai mesi primaverili del 2020, che nostalgia, solo con meno voglia di cucinare.
Chi si ammala ha diritto a dei regalini da parte del sindaco: per mia figlia riceviamo tre scatoloni pieni di roba francamente inutile: ramen istantanei, bevande, soba e udon completi di salsa a cui accompagnarli, c’è anche della pasta, spaghetti che una volta provati risultano nemmeno troppo malvagî. Blocchiamo il secondo invio di aiuti umanitari perché ormai la casa è piena di roba istantanea che chissà quando e da chi sarà mangiata.
La signora moglie deve rimanere a casa dal lavoro per circa dieci giorni, lo stipendio viene versato dal governo. Normalmentedella procedura si occupa il posto di lavoro, nel caso uno fosse assunto con un contratto part-time se la dovrebbe sbrigare da solo. Ci sono poi altri rimborsi legati all’assistenza sanitaria, si tratta di riempire una serie moderatamente scocciante di moduli, ma in generale la sensazione è quella di essere abbastanza accuditi. La s.ra moglie accusa una specie di influenza con degli accenni di fastidio a respirare, un segnale abbastanza inquietante che poi dopo un po’ migliora, proprio quando arriva finalmente il saturimetro che il comune generosamente ci presta.
Poi tutti guariscono, mentre io e l’altra discendente siamo rimasti negativi per tutto il tempo, ma per un po’ non siamo potuti uscire, ed è all’ultimo giorno che io faccio una delle cose più da mangione malato che mi siano capitate negli ultimi tempi:
l’ultimo giorno di autosegregazione salto la cena, aspetto la mezzanotte, momento della scadenza del divieto, ed esco a mangiare i ramen.
Vado in bici al ristorante Mutekiya di Ikebukuro, un posto al cui ingresso c’è normalmente una fila scoraggiante, ma di notte non devo aspettare. Il nome è composto dei caratteri di SENZA-NEMICI-RISTORANTE, un nome leggermente altisonante per una rameria: INVINCIBILE.
La fama è ben riposta: il brodo denso di ossa di maiale è gustoso e grasso al punto giusto, la pasta è perfetta. Non so se farei la fila, ma sicuramente una ottima ciotola di pasta in brodo, furbescamente guarnita con l’alga nori su cui c’è stampato il nome del ristorante: perfetto per i social. Poi per fare sempre il puntiglioso devo dire che ci sono altri ristoranti ugualmente buoni che però non sono altrettanto famosi e celebrati, e va bene così. Parere mio.
Non contento della botta calorica, in piena notte a Ikebukuro mi concedo un gelato del conbini al pistacchio. Questo, devo dire, da evitare.