Di nuovo sull’isola, vado dal porto a piedi fino all’osservatorio più vicino al cratere sul lato occidentale. Stanotte ha nevicato e la montagna di fuoco è coperta di bianco: sotto la neve il colore della roccia vulcanica non si vede e il tutto sembra un gruppo montuoso normale come ce ne possono essere sulle Dolomiti, ma la colonna fumosa di cenere continua a uscire dalla cima. Appena arrivo all’osservatorio comincia a nevicare forte, fa anche freddo e tira vento, il monte si vede per 10 minuti poi viene inghiottito dalle nuvole, fine del panorama. Torno giù, svolgo un po’ del lavoro per cui sono stato mandato su quest’isola, conosco uno dei notabili del paese, parliamo per un’oretta e torno sulla terraferma col ferry. Il corpo mi si è raffreddato e ho bisogno di immergermi nell’acqua calda, quindi entro in uno dei più antichi bagni pubblici della città che dimostra la sua età attraverso la vetustà dell’edificio, degli interni, degli oggetti: tutto è decrepito, disconnesso dal presente. Potrebbero girarci un film ambientato nel 1962 solo togliendo la televisione che sta trasmettendo un discorso del primo ministro di adesso. Ovviamente gli altoparlanti diffondono musica, ovviamente cantata, ovviamente enka, il genere melodicissimo pentatonico che tira presso le generazioni che si servono ancora del bagno pubblico. Al posto della tradizionale pittura murale del Fuji qui c’è l’isola con il monte, il colore è -riprodotto molto fedelmente- quel marrone lavico rossiccio scuro grigiastro. C’è una sedia per i massaggi a monete.
Il giorno dopo scopro il posto termale definitivo sull’isola: ci va tutto il paesino circostante che ormai è abitato solo da anziani, tutti molto in forma, se posso dire, almeno i miei compagni di bagno. Uomini di 80 anni e più col fisico asciutto, magri e piuttosto forti. C’è una vasca all’esterno che guarda la baia, il mare calmo e, in lontananza, due monti bellissimi incappucciati di neve. La vista di mare, costa vulcanica e cime bianche è stupenda e molto rara. Una raffinatezza di alcuni stabilimenti è la sala relax post-ammollo che mi mette invariabilmente in uno stato di beatezza: qui è un salone molto grande con il pavimento di tatami e le tavolate per 6 persone, in un angolo tutto il necessario per servirsi il tè e dai finestroni si vede una zona piantata a camelie. Molte di queste zone sono piantate con questi alberi con cui si produce un olio pregiatissimo tipico dell’isola
Uscito dal bagno incrocio una signora che sta uscendo da casa e le chiedo come si chiamano i monti, mi risponde e mi chiede da dove vengo. In un attimo mi spiega che anche lei viene dalla stessa città in cui abito, incredibilmente è cresciuta a 400 metri da casa mia. Mi invita dentro a prendere un caffè ma ho il bus che passa tra pochi minuti e per quello dopo toccherebbe aspettare 2 ore, rifiuto cortesementecon l’idea di ripassare magari domani.
L’indomani compro del pane da regalarle, torno al bagno pubblico, un signore anziano chiaramente cliente fisso attacca finalmente discorso “tu sei venuto anche ieri, ti piace qui eh?”. Mi racconta la sua storia: era impresario nel mondo dello spettacolo, ma adesso basta, è pensionato anche a causa del covid, dice, ma dall’aspetto sembra aver abbondantemente superato i 75. Mi asciugo, mi vesto, esco dal bagno pubblico, vado verso casa della signora di ieri che sta arrivando proprio in quel momento portata da un’altra signora su un furgone da agricoltore. Scendono e parlano in un dialetto veramente difficile da comprendere, la “mia” signora è contenta, le dò il pane, poi entrambe fanno a gara a riempirmi di frutta, agrumi mandarini, mele, poi la signora dice che non può invitarmi dentro perché di lì a poco sarebbe tornato suo marito.
“Signora ma pensavo che volesse offrirmi sono un caffè, non fare l’amore” questo lo penso solo, non glielo dico.
Tornato in città ceno in un ottimo ristorante di oden, uno dei piatti più buoni del mondo, in cui dentro il bancone è incastonata la caldaia con il magico brodo e tutto intorno siedono i clienti. La mama san è gentilissima e bravissima. E’ anche molto paziente, spiega le particolarità della zona in cui ci troviamo, le bevande e i cibi tipici, dopo pochissimo mi accorgo che, a parte una giovane coppia e, appunto, la signora che gestisce l’ambiente, siamo tutti venuti dalla stessa città. Mangio e decido di tornare alla mia stanza, tanto vale essere venuti fin qua per essere circondati da gente daa capitale, peraltro percepisco una leggera aria di superiorità in tutti gli altri e mi viene il sospetto atroce di emanarla anche io.
Dopo una pausa serale di ripiglio esco, mi aggiro tra i quartieri notturni, mangio un ramen, sì come seconda cena perché piuttosto che combattere miseramente la gotta, tanto vale correrle incontro, magari si spaventa.
Ormai ho capito che quello che si dice del cibo di qui è vero: il pollo è quasi sempre ruspante, si addentano muscoli, non carni flaccide di bestie in batteria. E poi la carne di porcello non ha quella puzza che qualche volta infastidisce: qui i ramen sono delicati e la cotoletta impanata, anche quando ha molte striature di grasso rimane delicata e ottima.
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Grazie e buon anno!