Qualche sera fa avevo chiesto al mio quasi coetaneo conosciuto al bancone se mi potesse consigliare qualche bar per concludere le serate. Lui è un paramedico che lavora sulle ambulanze, e la mattina dopo mi ha mandato una foto del mezzo che faceva benza. A causa dei suoi orari di lavoro piuttosto duri, non può accompagnarmi stasera, ma mi consiglia un bar gestito da un suo amico. Lo ringrazio e gli dico che in caso una di queste sere ci andrò. Ci vado, il posto non è facilissimo da trovare, ma arrivato fuori dalla porta sento cantare qualcuno, entro e il barista mi accoglie come se fossi un vecchio cliente affezionato: sa benissimo chi sono perché l’amico comune lo ha avvertito che sarebbe arrivato un italiano. Mi presento a lui, e agli unici altri due clienti, un ragazzo (quello che si sentiva cantare fino fuori) e una ragazza, chicchieriamo e sento forte la loro spinta a voler diventare amici.
Una cosa spiazzante per chi viene dalla città dove abito è la richiesta immediata di scambiarsi il contatto, cosa che invece qui succede sempre. Non solo, ma poi ci si scrive veramente a fine serata, il giorno dopo e nei giorni successivi per vedersi. Una cosa impensabile prima di venire qui, per me.
Il barista decide che ne ha abbastanza di lavorare, chiude tutto e ci porta a bere in un altro locale, una sorta di izakaya che, come ti sbagli, ha il karaoke. Ogni gruppo/tavolo inserisce a turno la canzone, la canta a squarciagola, spesso inventandosi dei duetti anche se la canzone originale è cantata da uno solo, tutta la tavolata si esalta, poi il pezzo finisce e si passano i microfoni al gruppo che si è prenotato per il brano successivo. Rispetto a quello che mi aspetterei, c’è una interazione relativamente scarsa tra sconosciuti di tavoli diversi, forse cantare a squarciagola è un’attività che prevede un’intimità con gli amici, un’atmosfera raccolta o almeno delle pareti che separano dagli altri clienti di un karaoke.
Un’altra caratteristica della gente di qua (almeno quella che ho conosciuto) è una iniziale e marcata timidezza e una chiusura verso gli sconosciuti che si sbriciola in pochi minuti dopo aver cominciato a parlare.
Gli amici appena conosciuti mi parlano di quello che fanno, cosa gli piace, quante volte hanno divorziato, le infedeltà dei partner.
Uno di loro è al terzo matrimonio e ha 2 figli dalla prima moglie, una ragazza lavora in un locale per uomini che vogliono a farsi intrattenere dalle signorine che servono loro da bere e fanno da compagne di conversazioni spesso noiosissime.
Poi mi parlano di un ragazzo che ha 26 anni, è sposato ma sua moglie ha contemporaneamente 3 amanti che non si preoccupa nemmeno di nascondere. Ascolto il tutto, mi intristisco e immagino che di lì a poco il ragazzo in questione, che è seduto proprio davanti a me mentre raccontano i cazzi, suoi si infastidisca e li faccia smettere. Invece lo stesso si rivolge a me “è proprio così. Secondo te cosa devo fare?” Mentre prendo tempo la questione si allarga ai gestori del locale e tutti paiono avere voce in capitolo sul tema.
La serata prosegue con shōchū allungato col tè, nuove amicizie inossidabili per me e un gemellaggio con la tavolata che rimane come noi fino alle 4 di mattina, quando i gestori del locale ci diranno chiaramente di andarcene perché non ne possono più.
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Grazie e buon anno!