Tokyo-Dilli (la grafia Delhi non mi piace) è un volo quasi intercontinentale ma decisamente più confortevole di quelli per tornare in Europa. A bordo mi metto a leggere -per la prima volta, incredibilmente- L’odore dell’India di Pasolini e lo trovo tremendo: imbevuto di una visione esotistica, completamente sbrodolato, quindi rinuncio al proposito di scrivere un diario di questo viaggio intitolato, scherzosamente, la puzza/il profumo/il sapore dell’India.
Dilli, dall’ultima volta che ci sono stato, è diventata un’altra città: l’aeroporto sembra ordinato, organizzato, c’è il wi-fi che funziona, dopo l’atterraggio per andare a prendere un volo nazionale ho fatto una camminata da un terminal all’altro passando all’esterno e sulla strada pare non ci sia più nemmeno il rischio di essere martoriati dai tassisti procacciatori di passeggeri che si comportano come avvoltoi su carogne da spolpare. Dopo poco prendo il secondo volo che mi porta a Benares e una volta arrivato lì tutto è un po’ più India. Per dirne una, di fronte al nastro dei bagagli le donne in sarī spingono brutalmente chi è avanti a loro per prenderne il posto anche se la loro valigia non è ancora arrivata.
Sono nel subcontinente per la prima volta dopo un periodo che, fatti i conti, ammonta a 17 anni; questo viaggio tra le altre cose avrà la funzione di riattivare la mia lingua hindī. Per ora mi sembra di usare una app del cervello che non è stata usata né aggiornata ma la cache è ancora lì, basta smanettare un po’ e torna tutto. Fatte le prime domande in lingua locale vedo dei sorrisi esplosivi e mi pare che l’atmosfera si modifichi, il panorama umano cambia in meglio.
A Benares arrivo a casa del mio ospite, un compagno di facoltà leggermente più grande di me che per tutti questi anni ha abitato tra l’Italia e l’India e che stasera rincaserà qualche ora dopo il mio arrivo. Nel frattempo l’autista mi porta alla palazzina in cui abita, dove mi accoglie la sua cuoca con la cena pronta, preparata dopo che nel pomeriggio mi aveva chiesto via whatsapp cosa mi sarebbe piaciuto mangiare (un thali pieno di delizie tra cui il mio preferito mix di melanzane e patate da avvolgere nel roti, il pane indiano). Mi ricordo quanto è buona la cucina casalinga indiana e quanto poco senso abbia mangiarla fuori dall’India.
Non so se riuscirò a prendere sonno con tutti i rumori ancora sconosciuti che invadono la notte di Benares, non sono abituato a gente che parla, grida, motori e clacson, cani che abbaiano, uccelli tropicali tipo assioli ma aggressivi, e ancora clacson, clacson a distesa.
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