Vero, i due paesi sembrano zenith e nadir l’uno dell’altro, e a voler trovare le differenze abissali tra loro si potrebbe cominciare a elencarle senza finire mai.
Ma a me piacciono le similitudini, quindi eccole:
- SCARPE E CIABATTE: nei posti importanti si tolgono, assolutamente. Sono sporche di fango, terra polvere che non è il caso di portare dentro casa, ma soprattutto sono un oggetto piuttosto impuro. È impensabile per giapponesi e indiani entrare in un tempio o santuario calzando qualcosa, e l’essere scalzi è considerata la condizione più pura per una persona, infatti asceti indiani e partecipanti alle funzioni religiose giapponesi si muovono a piedi nudi.
- MUTANDE TRADIZIONALI: sono, per gli uomini, una lunga striscia di tessuto che si avvolge attorno alle pudenda. Niente cuciture, niente elastici.
- ACCOVACCIARSI: è il modo migliore per fermarsi a riposare, per strada, su un muretto o anche sulle panchine. Abitudine che si sta un po’ perdendo in Giappone ma che comunque resiste nelle abitudini di malviventi e ragazzi di strada.
- SPINGERSI NELLA CALCA: specie in occasione di una festa religiosa. Durante i matsuri in Giappone, che si porti il palanchino o si voglia semplicemente fare una preghiera davanti all’altare, il contatto fisico è onnipervasivo. Sia in India che in Giappone intorno alla divinità, quando è festeggiata, ci sono spintoni, strattonamenti, a volte gomitate per prendere il posto altrui.
- OBACHAN/MATAJI: sono le signore che smaniano per saltare i posti in fila spingendo tutti in India e che gestiscono lo spazio in Giappone. Nel Sol Levante le maniere sono molto meno sbrigative, ma le similitudini nell’approccio al mondo delle signore di mezza età mi colpiscono sempre.
- I LUOGHI DI CULTO sono principalmente mete di pellegrinaggio e in quanto tali lo spazio attorno, specie la strada che porta al tempio, è una distesa di bancarelle, negozi di ricordi e amuleti, bancarelle che si affiancano una all’altra a formare bazar, ristoranti e bettole (e nell’antico Giappone anche zone traboccanti di prostituzione). D’altra parte forse questo è comune a tutto il mondo, basta vedere il santuario di Castelmonte o anche il Vaticano.
- SMANIA EDUCATIVA: chi se lo può permettere, appena può manda i figli nelle scuole migliori, li fa frequentare doposcuola intensivi per prepararli agli esami di ammissione alle università più prestigiose. Questa ansia da prestazione educativa in realtà è un classico asiatico e fa la fortuna di quelle che in inglese si chiamano cram school (juku in giapponese), insomma gli istituti preparatori.
- SCONTRI E LITIGI: sono evitati a ogni costo in entrambi i paesi. Nonostante la apparente ruvidità nei rapporti sociali indiani, lo scontro frontale è rarissimo. È possibile questionare e mercanteggiare per mezzore, essere imbrogliati, sentirsi mentire spudoratamente, ma è praticamente vietato alzare la voce o fare numeri da pazzi. L’aggressività verbale è un tabù, specie nella vita quotidiana pubblica. In Giappone poi siamo ben oltre: l’educazione è obbligatoria per tutti così così come comportarsi in modo corretto e collaborativo. In compenso le rare risse che ho visto in entrambi i paesi mi hanno gelato il sangue: non avevo mai visto della gente picchiare il prossimo con così tanta violenza, chiaramente con l’intento di spezzare arti e forse anche di peggio.
- TEMPIETTI: sono ovunque come le edicole della Madonna da noi. La differenza è che in Giappone e in India la gente quasi sempre (ancora oggi) ci si ferma davanti, unisce le mani o si segna.
- JUTHA: attenzione a non commettere impurità con la bocca. In questo l’India è molto più fiscale: un oggetto toccato dalla bocca di una persona non deve arrivare, nemmeno se lavato, a un’altra. Per questo i negozietti di tè o lassi hanno tazze di ceramica usa e getta, un bancone per la roba in uscita su cui non bisogna assolutamente appoggiare i bicchieri e le stoviglie usate, e al ristorante o a casa è meglio mangiare con le mani per evitare il problema. Tutti gli indiani bevono tenendo il bicchiere staccato dalle labbra, e questo permette ai ristoranti di tenere una tanica di acqua e un solo bicchiere in un angolo del locale, in modo che lo usino tutti. In Giappone non si arriva a tanto, ma passarsi la bottiglia da cui si beve a canna o le posate è una cosa da evitare.
- SE ANDATE A CENA DA QUALCUNO la cena vera e propria sarà un’appendice della serata, il momento di chiusura finale. Prima di sedersi a tavola e consumare i piatti forti ci sarà una fase di preamboli fatti di bevande, snack, salatini, birrette, whisky, fritti, samosa (in India), chiacchiere e altro. Insomma c’è più aperitivo che cena.
Bellissimo post! Avendo visitato anch’io sia India che Giappone, amandoli fortemente entrambi e avendone studiato la storia, la cultura e le usanze, ho sempre pensato queste cose. Da un lato paiono due mondi lontanissimi, ma a ben guardare sono molto vicini per tanti aspetti. Tra l’altro, la prima volta che sono stata in entrambi i Paesi li ho visitati proprio l’uno dopo l’altro, l’India immediatamente dopo il Giappone. Dopo un mese in Giappone l’impatto con l’India è stato inizialmente da shock culturale e poi pian piano ho iniziato a notare le analogie. Dopo un mese trascorso anche in India si sono collocati esattamente l’uno accanto all’altro anche nel mio cuore, dove tutt’ora li porto entrambi incastonati a distanza di tanti anni.
PS. La riflessione sulle impurità di bocca jutha non l’avevo mai considerata. Super interessante! Complimenti per questo blog stupendo, l’ho appena scoperto e sono davvero grata e felice di averlo trovato.