In questo momento Tokyo ha un numero di cantieri aperti contemporaneamente che non pensavo possibile in una singola città; ci sono gru ovunque, trivelle, escavatori, automezzi carichi di cemento, pezzi prefabbricati di edifici e operai ovunque. Non so quantificare la cubatura totale che sta venendo realizzata, ma non mi meraviglierei se mi dicessero che equivale a quella della città di Udine. Intendiamoci: non è che negli anni passati Tokyo non fosse attiva nell’edilizia, anzi, erano frequenti serate in cui decidevo di andare un ristorante a distanza di qualche mese e scoprivo che non solo era sparito il locale, tutto il palazzo era andato. Ma adesso il tutto ha preso una velocità destabilizzante. Nonostante io sia italiano cerco di combattere il senso di vuoto provocato dalle demolizioni di edifici, però qui a volte si fatica a riconoscere le direzioni per muoversi in un quartiere che si pensava di conoscere ancora. E poi se è vero che il genere umano ha costruito cose meravigliose sono grazie alla distruzione di edifici precedenti, bisogna vedere che cosa si edifica e come si modifica una città. Le costruzioni che vedo nascere a Tokyo hanno, secondo me, due problemi: la omologazione delle zone e la scala. […]
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