Tokyo, 27 novembre, 239 giorni alle olimpiadi Credo fosse il 2008, con un mio amico e i suoi genitori siamo andati a mangiare il sushi a Sukiyabashi da Jiro, che allora non era sulla guida Michelin , non era protagonista di un documentario né aveva sfamato Obama. Un pasto memorabile: mi ricordo che il riso e il pesce erano a una temperatura assolutamente perfetta, in bocca si innescava un’esplosione tra il sapore del pesce, i condimenti aciduli, i grassi naturali dei migliori tagli e la cottura perfetta del riso. È stata un’esperienza diversa da qualsiasi pranzo o cena mai provati prima o dopo. Eravamo gli unici quattro clienti nel ristorante; davanti a noi, dall’altra parte del bancone, quattro itamae (così si chiamano i cuochi) maneggiavano gli ingredienti in modo impeccabile e servivano un nigiri (la polpetta di riso con sopra il pesce, il pezzo di sushi, insomma) dopo l’altro, a un ritmo un po’ troppo elevato. La madre del mio amico non era una gran mangiatrice, e quando ha cominciato a rallentare, lasciando aspettare il sushi per troppo tempo dopo che era stato preparato, il figlio di Jiro le ha fatto notare che era meglio che si muovesse. Da lì la signora ha cominciato […]
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Anche se il resto del mondo lo chiama Hagibis, qui come nome ha solo il numero 19. Il diciannovesimo tifone della stagione punta dritto verso Tokyo a circa un mese di distanza dal numero 15 che ha già squassato questa parte del Giappone.Da giorni si sa la traiettoria, l’estensione e la potenza che sono gigantesche rispetto ai precedenti, si tratta di un tifone di forza 5: l’ultimo grado della scala. Abitare in questo arcipelago stimola lo studio della meteorologia. Un paio di giorni prima dell’arrivo gli scaffali dei negozi di Tokyo cominciano a svuotarsi: ramen istantanei, cibi a lunga conservazione, batterie, poi pane, biscotti, le bombole di gas da campeggio. È ironicamente istruttivo vedere quali alimenti sono lasciati nei negozi: segno che la gente preferisce la morte al consumarli. Sabato pomeriggio esco di casa per l’ultima volta, passo dall’asilo, compro le ultime cose per la cena e mi colpisce un suono inaspettato: una cicala sta cantando il 12 di ottobre. Non credo nei presagi, ma probabilmente gli insetti sentono il tempo più di noi. Nel tardo pomeriggio comincia a piovere e seguo alla TV l’incedere del tifone: arriva a Shizuoka, tutta questa parte del Giappone, ancora prima dell’arrivo del vento […]
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Non so se sia noto, ma il Giappone in estate è un inferno. Chi ci è venuto in ferie in agosto dall’Italia lo sa, chi ci abita da un po’ vuole solo fuggirne. I nativi, pur accettando la situazione, se ne lamentano abbondantemente, gli immigrati rimpiangono i loro paesi in modo violento, siano l’Europa, i paesi sahariani dell’Africa o addirittura le isole del sud-est asiatico. Personalmente mi sono trovato meglio nel deserto indiano del Thār, in Rājasthān, dove i 40 gradi sono accompagnati da una secchezza pericolosa ma gestibile. Non è tanto la temperatura, quanto l’umidità è una frase che qui trova il suo compimento definitivo: a Tokyo la cappa di vapore appiccicoso fa boccheggiare, i palazzi bloccano i possibili aliti di vento provenienti dal mare, l’aria ristagna. La concentrazione umana, il calore rimandato da vetro e cemento degli edifici, i bocchettoni di scarico dell’aria condizionata, tutto moltiplica il disagio. Il cielo è sintonizzato su un colore grigio-bianco fastidioso e monotono, la luminosità non cambia mai e il tempo sembra immobile, ritmato dal frinire aggressivo delle cicale sugli alberi. Non c’è quasi scampo, il mare ha un color petrolio e pare esalare umidità, fuori non si sta bene, la cosa […]
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Ho trovato su flickr una bellissima galleria di foto fatte tra il 1914 e il 1918 da tale Elstner Hilton in Giappone. Le trovo meravigliose: la qualità delle foto dell’epoca è sempre eccellente, ma in queste si vede un Giappone meno in posa, più spontaneo del solito. Amo molto le immagini dei lavoratori e della gente che si raduna per vedere lo spettacolo della natura, ma le più belle per me sono quelle con i bambini. Sono bellissime quelle in cui la sorella maggiore si occupa dei minori, li porta sulla schiena come fosse una piccola mamma. A parte i vestiti che all’epoca erano solo kimono e gli zoccoli di legno geta, i bambini sono sempre bambini e mi pare di vederli correre per le stradine come fanno oggi, tornando da scuola. In particolare una foto mi colpisce, quella di Chigo san. Si tratta di una cerimonia buddhista durante la quale i bambini si vestono con una tunica e indossano un copricapo decorato di metallo per fare una processione e rendere omaggio a Šakyamuni. Proprio la domenica di Pasqua c’è stata questa cerimonia in un tempio vicino casa mia e ho partecipato con la mia famiglia. In Giappone i bambini, […]
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