Ho trovato su flickr una bellissima galleria di foto fatte tra il 1914 e il 1918 da tale Elstner Hilton in Giappone. Le trovo meravigliose: la qualità delle foto dell’epoca è sempre eccellente, ma in queste si vede un Giappone meno in posa, più spontaneo del solito. Amo molto le immagini dei lavoratori e della gente che si raduna per vedere lo spettacolo della natura, ma le più belle per me sono quelle con i bambini. Sono bellissime quelle in cui la sorella maggiore si occupa dei minori, li porta sulla schiena come fosse una piccola mamma. A parte i vestiti che all’epoca erano solo kimono e gli zoccoli di legno geta, i bambini sono sempre bambini e mi pare di vederli correre per le stradine come fanno oggi, tornando da scuola. In particolare una foto mi colpisce, quella di Chigo san. Si tratta di una cerimonia buddhista durante la quale i bambini si vestono con una tunica e indossano un copricapo decorato di metallo per fare una processione e rendere omaggio a Šakyamuni. Proprio la domenica di Pasqua c’è stata questa cerimonia in un tempio vicino casa mia e ho partecipato con la mia famiglia. In Giappone i bambini, […]
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Nel mio quartiere c’è un piccolissimo santuario consacrato alle volpi, si chiama Inari. Nella vita quotidiana ha il ruolo di edicola, la gente che ci passa davanti a volte si ferma -specie gli anziani, ho notato- volge la fronte al piccolo altare, si inchina e poi prosegue. Il concetto è poetico, ma il tutto è contenuto in una copertura di metallo ondulato vecchio e rovinato. Intendiamoci, mi piace molto l’altarino e il fatto che l’immagine stessa dello shinto sia di fronte a un tempio buddhista mi dà pace. Accanto c’è un arbusto che cresce tra l’asfalto e il muro di cinta di una centralina elettrica, in un pezzetto di terra che non si sa come abbia trovato. Per me non è mai stato niente di più che un baraç, come si direbbe in friulano: una di quelle piante selvatiche che riempiono i greti dei torrenti, né albero né cespuglio, insomma una pianta infestante inutile. Poi l’anno scorso la lezione più giapponese che potessi ricevere: questa pianta è fiorita e ha mostrato dei petali viola intenso, i fiorellini uscivano direttamente dai rami sgraziati. Ho capito che è una pianta che ha un nome (che non mi ricordo) e un certo prestigio, […]
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L’ultimo mio post pubblicato sul blog de ilpost:Il primo di aprile qui è iniziato l’anno scolastico: in mezzo ai fiori bianchi ormai completamente sbocciati le mamme e i papà hanno portato i bambini all’asilo, gli studenti hanno varcato per la prima volta i portali dell’università: in Giappone l’inizio degli studi ha lo slancio della primavera, le foto del primo giorno hanno i ciliegi in fiore. La stessa mattina, in una sala segreta e controllatissima del parlamento, una commissione composta da membri del governo, capi istituzionali e altri personaggi ha scelto il nome della nuova era del Giappone: Reiwa (令和). A differenza della datazione cristiana che parte da zero e procede presumibilmente all’infinito, qui ogni imperatore è in carica per un periodo chiamato con un nome diverso, nome che finisce per essere quello dell’imperatore stesso. Chi ama queste cose può riflettere sulla concezione impermanente del tempo in oriente, sulla consapevolezza della fine di ogni cosa e su altri concetti estetici o estetizzanti. Questo anno, il 2019, è cominciato con un nome e finirà con un altro cambiandolo il 1 maggio, quando l’imperatore attuale abdicherà ponendo fine all’era Heisei. Invece di pensare al passato in termini di decadi, in Giappone ci si […]
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Sono passati 8 anni da quel pomeriggio, la successiva notte di angoscia, i giorni e le settimane di paura e incertezze. Per chi era in Giappone terremoto e maremoto hanno cambiato molte cose, spesso la vita e l’approccio alla stessa. A differenza di molti ho sempre trovato tremendamente più destabilizzante pensare alle vittime del maremoto piuttosto al disastro della centrale nucleare di Fukushima. Forse perché le radiazioni non si vedono mentre la terra invasa dal mare, il fango che trasporta case, paesi e vite è sconvolgente. Tanti si infervorano per gli errori di progettazione della centrale, per i pasticci combinati nella gestione dell’emergenza, ma in tutta onestà non ne so abbastanza e in fondo si tratta delle decisioni di poche persone, anche se importanti. Le storie che ho sentito e visto di chi si è salvato scappando fortunosamente per poi scoprire di aver perso tutto, i paesi risucchiati dal mare, gli asili in cui bambini non sono più tornati, tutto questo mi colpisce di più. E allo stesso tempo mi porta uno strano senso di compassione e comprensione. Forse sono tra le poche persone che ha deciso di rimanere ad abitare in Giappone non nonostante lo tsunami, ma anche perché ha visto cosa è […]
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